Mentre il pubblico si accomoda in platea, il palco è già occupato da alcuni degli attori ed attrici che, come in una fotografia, o in un quadro, sono inseriti in un preciso contesto scenografico. Una donna in proscenio, due uomini inginocchiati con una resta in mano, e, sul fondo della splendida scena architettonica naturale del teatro Sala Uno di Roma, tre enigmatiche presenze che rimarranno sempre a vista.
Nonostante alcuni elementi naturalistici (un tavolo sul quale campeggiano della frutta e delle bevande che ha più la funzione di natura morta che di elemento davvero scenografico tanto che, quando uno dei personaggi chiede da bere, il bicchiere gli viene portato da dietro le quinte senza usare le bevande a vista che rimangono intonse) la scenografia evoca più un'atmosfera, un sentimento, che restituire un ambiente preciso, ribadendo nella sua natura astratta e concreta allo stesso tempo le antiche origini e al contempo la modernità della materia narrativa del dramma di Garcia Lorca.
In questo modo, prima ancora del suo inizio, Antonio Nobili invita il pubblico a entrare dentro il dramma lorchiano, che nella sua economia narrativa è davvero semplice da raccontare: il giorno delle nozze una Sposa (che nell'opera non ha nome) fugge con l'ex fidanzato Leonardo (l'unico del quale il nome è indicato) - anch'egli sposato e padre di famiglia -, riaccendendo una faida che ha visto coinvolta la famiglia di Leonardo con quella dello Sposo (anch'egli senza nome).
Lo Sposo e Leonardo si uccidono a vicenda (fuori dalla scena, come nelle tragedie greche ) lasciando la Madre dello Sposo senza più figli e due nuove vedove, la moglie di Leonardo e la Sposa.
Prima tragedia di un ideale trilogia rurale, nonostante individui delle precise dinamiche sociali e antropologiche nei rapporti di potere tra uomini e donne, Nozze di Sangue si impone per il suo antinaturalismo nel descrivere le nefaste conseguenze cui la passione ci sottopone sia quando si decida di seguirla sia quando si cerca di sottrarvisi.
Una tragedia che Nobili mette in scena con un sorprendente savoir faire anche quando interviene sul testo con grande rispetto per l'autore ma con una precisa idea di teatro.
Così la suddivisione in atti e quadri e le continue entrate e uscite dei personaggi del testo lorchiano sono semplificate da Nobili che fa rimanere i personaggi in scena anche quando non dovrebbero esserci o fa scaturire una scena dall'altra senza soluzione di continuità laddove Lorca aveva pensato a dei sipari, al buio e a consistenti cambi di scenografia.
Semplificate per modo di dire perchè questa messinscena, più fluida, richiede, per funzionare, un grande controllo degli attori e delle attrici i cui movimenti devono essere organizzati con certosina precisione.
Questa messinscena fluida giustifica e corrobora la presenza inquietante dei personaggi che Lorca fa comparire solamente nel terzo atto e che nell'idea di Nobili osservano tutto quel che accade sin dall'inizio, mentre in alcuni momenti le luci sottolineano la loro influenza sugli eventi che si svolgono.
Si tratta della Luna che in Lorca è un taglialegna e che Nobili fa interpretare a una donna, alla quale contrappone un personaggio in più, la Notte, interpretata da un ragazzo truccato di nero, e la Mendicante, alias la Morte, che contribuiscono a impedire la fuga dei due amanti e a far incontrare lo Sposo con Leonardo, il cui duello Nobili mostra in scena.
Un duello al rallentatore mentre la Notte sparge di sangue la Luna e la Morte. Entrambe andranno a concupire i cadaveri dei due uomini uccisisi a vicenda prima di riprendere la postazione da cui hanno assistito a tutta la tragedia e dopo essersi baciate complici sulla bocca.
Se nelle parti più naturalistiche Nobili si rifà al classicismo del teatro di fine ottocento sapendo restituire con i costumi, le musiche (splendide) e le luci un'atmosfera andalusa e rurale di estrema eleganza, al contempo concreta e idealizzata, nelle parti del testo liriche, in quelle più antinaturalistiche (il terzo atto la prima parte del quale è ambientata in un bosco dove agiscono la Morte e la Luna) il regista si concede un approccio più personale mantenendosi squisitamente sulla stessa lunghezza d'onda di Lorca, proponendo una esegesi del testo composita e altrettanto interessante.
Nozze di sangue infatti può essere considerata uno splendido esempio di denuncia della oppressione delle donne da parte della morale cattolica (ricordata da Nobili nel personaggio della suora sua invenzione, ricavata dal personaggio di una vicina morigerata di Dio del testo lorchiano) e del maschilismo dei padri, mariti o figli le cui azioni e decisioni dissennate gravano sulle donne con conseguenze terribili e dolorose. In un orizzonte nel quale la differenza di classe tra contadini è data da chi ha la terra con le vigne (la madre dello Sposo, vedova e già privata di un figlio dalla faida che con la famiglia cui è legato Leonardo) e chi (il padre della Sposa) invece cerca di ottenere per la propria figlia in un matrimonio economicamente vantaggioso.
Non a caso tra le righe, in un accenno di dialogo, la Sposa lascia intendere che il motivo per cui ha allontanato Leonardo è proprio riguardante le sue modeste condizioni economiche anche se il ragazzo, con orgoglio virile, ci tiene a precisare in un dialogo con la Moglie, che è stato lui a lasciarla.
La tragedia però esemplifica anche la poetica di Lorca, per il quale la donna è ammantata di una potenza ambivalente e numinosa che irretisce l'uomo, lo sconvolge e lo induce alla morte come in questo caso, se non lo uccide lei stessa (come nel resto della trilogia) lo lascia fare alla Luna che in Lorca non è un simbolo positivo e che per mitigarne il portato misogino, la fa interpretare da un uomo.
La donna come pericolo, come negazione della vita, come morte, è in Lorca una antidonna sterile (come Yerma) o castrante (come Bernarda Alba) costituendo il fil rouge che percorre sotterraneamente le tragedie rurali e che Nobili sa cogliere e restituire con grande icasticità, aggiungendo la morte della Sposa per mano della moglie di Leonardo. Una sua invenzione pertinente e in linea.
Da un lato la passione umana legittima e da seguire che porta però comunque alla rovina e alla morte, dall'altra un femminile che nel suo saper vedere l'oltre è segno di una grande forza primordiale di un sommovimento che è al contempo positivo e negativo. Ecco le due coordinate entro le quali si collocano i drammi della trilogia, prima della divisone tra bene e male, là dove si fondano direttamente i miti e i caratteri dell'uomo e della donna, là nove nascono una razza, una stirpe ed un popolo.
Una capacità di vedere l'oltre che Nobili sottolinea con eleganza quando la Suocera di Leonardo (un prezioso cameo di Mary Ferrara) legge nei Tarocchi quello che succederà, scambiando uno sguardo con Leonardo, e legati in complicità, l'una legge negli occhi dell'altro la stessa consapevolezza. Una sottile scena che in Lorca non c'è ma è frutto della mente registica di Nobili.
Una messinscena in cui Nobili ha saputo maieuticamente far dare il meglio agli allievi della scuola di teatro che dirige, alle cui performance non c'è nulla da perdonare essendo perfettamente riuscite (tranne ogni tanto qualche frase detta un po' troppo velocemente che perde in chiarezza espositiva) mostrando una maturità espressiva ben al di là di quella cui normalmente hanno gli studenti di un primo anno di corso.
Una maturità espressiva che non ha guidato il regista nell'assegnazione dei ruoli, dati in base all'animus che li e le contraddistingue.
Se Lorenzo Guerrieri è un perfetto Sposo, giovane e timido e ancora vergine (come sottolinea sua Madre) che diventa violento quando la sua Sposa fugge con Leonardo e sente la responsabilità morale di vendicare tutti i maschi della sua famiglia uccisi da quella di Leonardo, Margherita Caravello è una splendida Sposa, ambiziosa e lucida ma incapace di saper portare avanti con coerenza le scelte dettate dall'interesse e non dalla passione.
Alessio Chiodini è un Leonardo sprezzante e manesco come vuole la parte ma anche un innamorato tenero e geloso, sentimenti che nasconde con pudore e candore ed emanati dall'attore con straordinaria generosità mentre Martina Mastroianni, che interpreta la Moglie, sa restituire tutto il dolore di essere una donna vittima del sistema maschilista e oppressivo della Spagna rurale degli anni 30.
Cristina Frioni sa vestirsi del dolore della Madre con una verità così disarmante da far scordare di essere a teatro, inducendo a provare per lei della vera compassione.
Micaela Bonito sa incarnare la saggezza popolare di una donna anziana senza affettazione ma con immediatezza che dà credibilità e forza ad un personaggio molto più grande di lei.
Inquietante Riccardo Merlini nel ruolo della Notte a cominciare dal trucco nero che porta indosso come una seconda pelle, ferina e mostruosama anche sexy, come Sara Signoretti che sa suscitare malvagia sensualità e compassione nel doppio ruolo della Morte e di Mendicante (tradita forse da un make-up troppo moderno), mentre Alessia Sala sa essere una Luna evanescente e numinosa al punto giusto, desiderosa tanto di contribuire allo svolgersi dei fatti quanto assetata di sangue.
Anche il resto dell'organico, Alberto Albertino, Lorenza Sacchetto, Andrea Guerini, Lily Lauria, Martina Milani, Alessia De Martino e Marco Fioravante, numerosissimo come richiede il testo lorchiano, sa districarsi in una messinscena impegnativa, orchestrata con la delicatezza di un carillon, che cela un complicato meccanismo a orologeria pronto a far muovere tutti e tutte insieme come se accadesse spontaneamente e non fosse pianificato fino al singolo movimento.
Una messinscena impeccabile. Uno spettacolo da non perdere.
Si replica Lunedì prossimo.